Confortevoli Residenze in un luogo sereno
 
























Il Paesaggio dell'aera con i Lotti Residenziali ripreso dagli antichi borghi di Castelbellino.
Dopo le Residenze della località "Pianello Vallesina" visibili al centro dell'immagine, il verde dell'area in esame

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Vista zenitale dell'area ove è possibile individuare l'area della lottizzazione "Tosi" in Pianello Vallesina lungo via Esino dopo via Europa in Comune di Castelbellino (AN).
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Qualche lineamento storico per apprezzare più profondamnte la antichissima
località di Pianello,

ovvero la Città scomparsa
di
PLANINA
estratto del testo da
"Vallesina Misteriosa"
settenbre 2006,
Autore
Francesco Formiconi

Memorie di una città scomparsa
"Nella quinta regione d'Italia, il Piceno, un tempo prospera di moltitudini, vivono i Planinensi". Così Plinio il Vecchio, nella sua "Storia Naturale", nel I secolo d.C. , ricordava, elencando tutti gli abitanti delle Marche antiche, anche quelli di Planina.
Esistette dunque, anticamente, la città di Planina, municipio romano, ma di essa, come di tante altre delle Marche antiche che furono travolte dal crollo dell'impero romano fra il V e il VI secolo d.C, non solo non restano testimonianze archeologiche "al sole", ma neppure si sa esattamente dove si trovasse, anche se la maggior parte degli studiosi ritiene che la sua ubicazione fosse nel territorio della valle dell'Esino, compresa all'inarca nel triangolo formato dai vertici di Pianello Vallesina (agglomerato urbano diviso tra i comuni di Castelbellino e Monte Roberto),Villa Salvati e l'abbazia di S. Apollinare.
II centro ha comunque origini pre-romane, come attestano un gruppo di tombe picene della prima età del ferro, rinvenute nel 1880 in contrada Noceto, sulle pendici della collina tra Castelbellino e Monte Roberto, e la necropoli in contrada Molino, del VII- IV sec. a.C. Planina, con Cupramontana e Aesis (l'antica Jesi), era una di quelle città di cui l'antico geografo Strabone, nel I secolo d.C, dopo averle visitate scriveva, nella sua "Geografia": "Lo magnificenza delle città della valle dell'Esino, l'abbondanza di ogni ricchezza, la probità degli uomini, testimoniano della virtù dei luoghi:i Romani suoi abitanti eccellono su tutti quelli dell'Italia!"
Con le invasioni barbariche però la valle fu ridotta in misere condizioni: Aesis un villaggio semi deserto, Cupramontana un cumulo di rovine, Planina pressoché scomparsa, ville e villaggi della pianura e delle colline spopolati.
Completamente cancellata dalla superficie della terra, come del resto Pausola, Veragra, Pollentia, Pitino Mergente, Luceoli ed altre di cui pure è certo che esistettero, Planina continua come queste a tramandare memoria di sé nel ricordo degli uomini trasmesso per generazioni e nei ritrovamenti archeologici che periodicamente tornano alla luce. È lo storico locale Colucci che ci descrive, verso la fine del Settecento, quanto rimaneva dell'antica Planina. La sua descrizione si fonda su quanto gli hanno scritto i suoi corrispondenti, don Sebastiano Marini di Castelplanio e don Francesco Menicucci di Massaccio:"Nel territorio del castello detto di Monte Roberto in vicinanza dell'antica Badia di S. Apollinare esiste un predio dei signori Marchesi Silvestri Bovio, ed ivi si osservano grandi costruzioni di antiche e grosse muraglie rese già più informi dal tempo. Ivi si veggono avanzi di aquidotti e di fogne fatte con duro sasso, pavimenti a mosaico, quantunque di niuna squisitezza; ivi si scavano molte lastre di marmo, medaglie d'ogni grandezza, idoletti, canali di piombo ed altre anticaglie, delle quali se n'è fatta qualche raccolta dal Sig. D. Giammaria Chiatti". Don Ottavio Turchi (+ 1769), storico nativo di Apiro, potè vedere con i propri occhi gran parte delle cose descritte ed aggiunge che nel sito "sono state raccolte molte monete antiche; si raccolgono ancora frammenti, anche in bronzo, di antiche iscrizioni e, secondo la testimonianza degna di fede di alcuni, sono stati ritrovati idoletti ugualmente in bronzo".
Ecco inoltre una testimonianza di oltre un secolo fa (Colini Francesco, Memorie storiche della città di Jesi, Jesi 1890): "Si dà per certo che nei tempi antichi presso le sponde dell'Esino, sulla pianura che da S. Apollinare si estende fino a quella di S.Maria di Pianello, si vedessero grandi costruzioni di antichità e grosse muraglie, le rovine di un antico tempio, basamenti di colonne intonacati di rosso.
Il tempo ha disperso questi ruderi. La mano inconsapevole del bifolco li ha sepolti sotto le zolle del suo aratro. Poco tempo fa, presso Villa Salvati, furono ritrovati un tripode, un elmo, una spada, idoli, lumi, mosaici... Benché presentemente nulla si veda della distrutta città, tuttavia i coloni di quella contrada trovano sotto il suolo lunghi ordini di mura, pavimenti e monete romane. Inoltre hanno scoperto una lunga strada antica, ora coperta dal suolo coltivabile, che volgeva da Planina a scirocco, ed era certamente la stradache metteva in comunicazione la suddetta città con Veragra sul Musone...".
Resti di un notevole tempio pagano, situato poco in alto sulla collina verso Castelbellino che domina la necropoli picena, furono oggetto, nella seconda metà del diciottesimo secolo, di ricerche e di studi da parte degli eruditi storiografi Lancellotti di Staffolo e Menicucci di Cupra Montana.
Il sito, dove al tempo del Menicucci erano ancora evidenti le tracce del tempio, si trovava a metà strada tra Castelbellino e Pianello, a valle dell'attuale cimitero, in vicinanza della scorciatoia Castelbellino - Pianello, precisamente nella contrada che da tempo immemorabile, e anche ufficialmente nella toponomastica attuale, si chiama Mattonato. Questo vocabolo è estremamente significativo e rivelatore: Mattonato, infatti, o ammattonato, che significa pavimento di mattoni, è appunto il lastricato di mattoni murati con malta cementizia o anche connessi "a secco", ed è il vocabolo che trasmette sino a noi, in modo semplice ma suggestivamente efficace, la stupita meraviglia con la quale gli antichi contadini della zona ammiravano quel "Mattonato", rappresentato dalla misteriosa pavimentazione musiva che affiorava nel sito, così diverso da quello familiare che avevano davanti casa, solitamente l'aia di mattoni.
Nel 1972, a poche centinaia di metri dall'abbazia di S. Apollinare, durante gli scavi per le fondamenta di un capannone industriale, venne tranciato a metà un grosso "dolio" sepolto a pochi decimetri sotto il livello del terreno. Era il classico contenitore a forma oblunga con una apertura rotonda che presso i Romani si utilizzava per conservare il vino, l'olio, il grano o la farina. Il dolio aveva un diametro nel punto centrale di maggiore ampiezza di oltre un metro, l'altezza invece doveva avvicinarsi ad un metro e mezzo. Gli allora responsabili della Soprintendenza non ritennero opportuno recuperarlo, così il manufatto rimase di nuovo sepolto nonostante che si fosse auspicato di ricostruirlo nella sua interezza con tutti i frammenti, costituendo un segno e una struttura di deposito alimentare che non poteva certamente essere isolata in aperta campagna. Ora di questo reperto non ci rimane altro che una fotografia scattata da un appassionato di archeologia.
Più a valle di Planina, in località S. Antonio di Pianello Vallesina, non lontano dalla strada provinciale "Planina", nel 1982 fu scoperta, durante i lavori di sbancamento per l'apertura di una cava di ghiaia, una vasta necropoli romana, che si estende su un'area di circa 3500 metri quadrati. I saggi di scavo hanno portato alla luce un certo numero di tombe, tutte a fossa, le cui coperture a tegola sono state divelte dalle arature, lasciando nel posto solo frammenti. Il sovrapporsi caotico di non poche tombe ha rivelato come la necropoli continuasse ad essere utilizzata per lungo tempo, e la consistenza di essa, non lontana dall'abbazia di S. Apollinare, rivela la vicinanza di un grosso centro abitato, probabilmente proprio Planina.
Nel territorio affiorano poi continuamente tombe (l'ultimo rilevante ritrovamento risale all'inizio del 2002), iscrizioni, statuette in bronzo, monete romane, frammenti ceramici, tubi in piombo ed elementi decorativi in terracotta.
Chi ritrova tali reperti si premura quanto prima di immetterli nel mercato più o meno ufficiale di antichità o di conservarli in casa, perciò non è raro che musei esteri ospitino pezzi archeologici locali, lasciandone ben pochi al Museo Archeologico di Jesi, e privando così gli studiosi di elementi che potrebbero essere essenziali per una più esauriente comprensione storica del territorio.
Comunque la zona è stata da sempre sottoposta ad intensi lavori agricoli, ed ora è sede di una zona industriale, per cui ben poco è stato salvaguardato a causa dell'interesse economico. 
Dove si trovava esattamente Planina?
Tornando alle invasioni barbariche, se delle tre città della Vallesina Aesis riusciva a sopravvivere e la città medioevale nasceva sulle rovine di quella romana, se anche Cupramontana rinasceva poco lontana, in cima alla collina, sia pure con il nome di Massaccio (che ha abbandonato solo nel 1800 per riprendersi quello antico), Planina non riuscì a sopravvivere. Venuto meno un complesso sistema centralizzato di dominio del territorio, le popolazioni perdono la capacità di controllare e regolamentare i corsi d'acqua, molte zone di fondovalle tornano a essere paludose (il nome della adiacente frazione Moie deriva proprio dal latino medievale Mollie o Mollia, usato per indicare zone acquitrinose, ristagni d'acqua e la relativa vegetazione), e i centri abi¬tati si collocano sulle alture e i crinali più salubri e meglio difendibili. Che ne fu quindi della città di Planina? Restò deserta, andò in rovina, fu depredata, demolita, utilizzata come cava di pietre, mattoni, marmi, finché la terra non la ricoprì. Del resto non dobbiamo dimenticare che l'archeologia, come scienza, è molto giovane, ed in precedenza non si attribuiva alcun valore al materiale archeologico: chiunque poteva farne l'uso che meglio credeva, il che ha portato, specialmente per quanto riguarda il materiale edilizio, al riutilizzo dello stesso per nuove costruzioni. Il Colosseo di Roma ne è uno dei più vistosi esempi. E furono gli abitanti di Planina a fondare i castelli di Monte Roberto, Castelbellino e Castelplanio? La tradizione lo afferma, e sarebbe stato possibile, ma non ne abbiamo prova. Il mistero della storia copre i cinque secoli che vanno dalla distruzione della città alle prime testimonianze di vita giunte sino a noi dei nuovi centri sulle colline. Altri studiosi hanno recentemente avanzato l'ipotesi che vada identificata con il municipio di Planina la particolare concentrazione di resti rinvenuti presso l'attuale frazione di S. Vittore di Cingoli, distante circa undici chilometri da Cingoli, sulla sponda sinistra del fiume Musone, nel tratto in cui questo è più vicino al fiume Esino. Qui sorse, fin dalla preistoria, un notevole insediamento, sviluppatosi particolarmente per la presenza di un santuario e di terme. E proprio la sorgente denominata "Fonte del Bagno" o "di S. Giovanni" è considerata ancora oggi, dalla tradizione popolare, legata a leggende e credenze religiose:
bagnarsi in questa sorgente tra il 24 (giorno dedicato alla natività di S. Giovanni) e il 25 giugno permette la guarigione dalle malattie cutanee; e soprattutto è sempre una leggenda della fonte a raccontarci la fine di Planina, nel caso dell'identificazione della città romana con S. Vittore.
Di questa leggenda esistono numerose versioni. La più conosciuta dice che una regina barbara regnava su Planina - S. Vittore (in altre si dice che fosse solo di passaggio) ed era solita bagnarsi nuda nella "Fonte del Bagno" (in una delle versioni si parla solo della visita sgradita alla popolazione e non del bagno). Un giorno i bambini di Planina - S. Vittore (altrove l'intera popolazione), indignati da questa strana abitudine della donna, presero a sassate la regina e la cacciarono dal paese insultandola. Costei, mentre fuggiva, si volse e maledisse la città, che di lì a poco fu distrutta (in altri casi la regina ordinò ai suoi soldati, per rappresaglia, di radere al suolo ogni cosa).

 
 

La lottizzazione residenziale “Franco Tosi” è ubicata nella già consolidata zona di espansione residenziale denominata Pianello, a pochi minuti di strada dal Centro Storico di Castelbellino (AN) e con facile accesso alla arteria principale della Vallesina.

L’intera area è dotata di servizi commerciali, sportivi, religiosi e sociali.

La lottizzazione è composta da appezzamenti con una superficie che varia da circa mq 800 a mq 1000.

L’intera area è servita da rete stradale e le opere di urbanizzazione sono state eseguite, collaudate e prese in carico dall’Amministrazione comunale.

Per alcuni lotti è stata effettuata l’attività di progettazione, presentazione e approvazione, pagamento dei necessari oneri di edificazione dei progetti completi come necessario.

 
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